1946
Gaetano Zampogna nasce a Scido (RC) nel 1946. Vive e lavora a Roma.
Nel 1989 è uno dei fondatori del gruppo Artmedia. In sintonia con le direttive teoriche del movimento, basate su una concezione dell’arte intesa come “appropriazione e saccheggio” di opere del Novecento, inserisce su superfici monocrome o bicrome, o supporti fotografici in Cibachrome, opere originali di artisti quali Schifano, Boetti e Lewitt.
Dopo tale esperienza, che si conclude nel 1994, Zampogna sposta il suo lavoro verso il recupero di una pittura figurativa contaminata dalle mitologie mediatiche del nostro tempo. In un primo momento evidenziando la debolezza delle realtà percepita come produzione pubblicitaria: all’imponenza monocromatica e lunare di grandi volti anonimi sovrappone gli “avvenimenti del mondo” come finestre mediali prese dalle copertine delle più importanti riviste internazionali.
Nella fase successiva Zampogna crea un rapporto alienato d’identità fra i due soggetti, dilatando le precedenti finestre fino a farle diventare equivalenti ai ritratti, fino a rendere cioè la” Realtà Reale” e la “Realtà Mediale” intercambiabili.
Le opere successive dell’artista rappresentano un passo ulteriore e logico verso un’analisi ironica e tragica del reale: i personaggi vivono bizzarramente all’interno delle “figurazioni del gratta e vinci”. L’Isola del Tesoro, gli Animali Porta Fortuna, sono icone di una contemporaneità svalorizzata che rappresentano l’attesa di una mediocre catarsi: la speranza illusoria della personale ricchezza.
Nel 2009 l’artista realizza una serie di volti di poeti amici, monocromatici ed estremamente riconoscibili, appena “disturbati” a tutto campo dalla formulazione errata di proverbi banali (ad esempio can che abbaia…non nuota)
Nel 2010 inizia la fase più recente del lavoro di Zampogna; con piglio visionario egli organizza delle grandi macchine visive i cui protagonisti sono due personaggi allegorici: i giganti Mata e Grifone che risalgono all’immaginario remoto del sud Italia e che, quasi evocati, si palesano su enormi stoffe decorate con motivi floreali, diventando messa in scena cristallizzata e stratagemma di fuga verso una ritualità originaria da contrapporre al vuoto della storia e hanno la tangibilità onirica dell’ombra che prende visivamente corpo. La statura dei “Giganti in posa” ribalta la certezza della realtà, inverte le sue cronologie come a dire che solo ciò che si può dipingere è reale ed è reale solo ciò che non esiste.
Dal 2014, dopo questa esperienza favolistica e sognante, l’artista ha voluto, a suo modo, riaprire gli occhi sul mondo affrontando uno di filoni drammatici dell’arte occidentale trattato (per fare dei nomi) da Rembrandt, i Carracci, Chaïm Soutine, Picasso, Francis Bacon fino a Damien Hirst: la macelleria animale.
In Zampogna la macelleria è una messa in scena incorporea dove l’animale e il suo carnefice convivono armonicamente su stoffe damascate quasi a diventarne a loro volta la decorazione: il dramma risulta sdrammatizzato come per affermare che la sdrammatizzazione mediatica del dramma è il vero grande dramma della contemporaneità.
Nel 2019 il museo Marca (Museo delle Arti di Catanzaro) ospita la mostra personale Nel corpo dell’Arte, a cura di Teodolinda Coltellaro e Giorgio de Finis.