Realizzato tra il 2011-2014 dall’artista Margareth Dorigatti, questo ciclo di opere trae ispirazione dall’Erlkönig (“Il Re degli Elfi”), la ballata che Johann Wolfgang von Goethe compose nel 1782: nella notte un uomo a cavallo, stringendo a sé il figlio malato, si addentra nel bosco cercando di raggiungere un “luogo di salvezza”. Durante il viaggio il figlio “vede” e “sente” la presenza del “Re degli Elfi” che tenta di attrarlo a sé come una sirena omerica, mentre il padre cerca di “razionalizzare la visione dell’impossibile”.
Scrive Eva Clausen nel catalogo che accompagna la mostra:
“La ballata è una delle opere liriche più note nell’area di lingua tedesca. […] Quanto semplice, chiara e di facile orientamento può sembrare dal punto di vista della forma e del contenuto, tanto molteplice risulta essere dal punto di vista interpretativo. Di fatto offre spazio a le più svariate chiavi di lettura.
L’interpretazione di Margareth Dorigatti è una rivelazione. Essa si muove nel campo di tensione tra dissoluzione e divenire della forma.
L’arte non è rifugio. L’arte è lotta. Con se stessi. Con la materia. Con la verità. Chi si avvicina all’opera di Margareth Dorigatti è avvisato: guardare le sue tele è a proprio rischio. Non vi è alcuna istanza di mediazione, nessuna distanza di sicurezza. Le opere della Dorigatti sono finzione senza discorso narrativo, esse non descrivono la realtà, ma si sostituiscono ad essa, diventano una realtà altra, immaginaria e al tempo stesso profondamente vissuta. Dietro questa sovrapposizione si cela un procedere quasi rituale, iniziatico. Parte dall’atto dissolutivo, nell’abbandono dell’Io, che si immerge in un altro mondo, viene iniziato e giunge, attraverso le varie fasi della purificazione, alla conoscenza. Questo è il processo della dissoluzione della forma, prima, e del divenire, poi. Un divenire vissuto in prima persona.
Le opere della Dorigatti sono ineluttabili. Ammaliano chi vi si avvicina. Sono come delle rocce, frastagliate dal tempo, ma persistenti, fiammeggianti, massicce e aptiche e allo stesso tempo freddamente eteree e inafferrabili. Frangenti oltre i quali si apre l’abisso. Il richiamo è irresistibile, l’attrazione fatale. È la voce del Re degli Elfi. Il precipizio. L’invito ad addentrarsi nella profondità dell’inconscio, apparentemente in caduta libera. L’artista ne è consapevole, perché vi percepisce la salvezza – la sua ma non solo. Poiché nella caduta vi è il riscatto, se con questo si intende la conoscenza.
[…] La Ballata è un esempio paradigmatico del non-detto. Tuttavia, ciò che non viene detto è lì, è presente. Indicibile e incommensurabile. E così è la pittura della Dorigatti, astratta e figurativa al tempo stesso, materiale e spirituale, fluttuante e pastosa. Profondamente vissuta ed elaborata con rigore scientifico, alchemico.”
Goethe, Erlkönig, 1782
[ traduzione di Margareth Dorigatti ]
Chi cavalca così tardi attraverso notte e vento?
È il padre con suo figlio. Tiene il fanciullo tra le sue braccia, lo regge sicuro, lo tiene al caldo.
“Figlio mio, perché nascondi timoroso il tuo viso?”
“Non vedi, padre, il re degli Elfi? Il re degli Elfi con la corona e la coda?”
“Figlio mio, è una striscia di nebbia.”
“Caro bambino, su, vieni con me! Bellissimi giochi, farò con te, certi fiori colorati stanno sulla riva,
mia madre possiede qualche vestito d’oro.”
“Padre mio, padre mio, non senti cosa mi promette sottovoce il re degli Elfi?
“Stai calmo, resta buono, bambino mio, il vento mormora tra le foglie secche.”
“Bel fanciullo, vuoi venire con me? Le mie figlie ti cureranno graziosamente,
le mie figlie di notte conducono le danze e ti cullano e ballando ti incantano.”
“Padre mio, padre mio, non vedi là le figlie del re degli Elfi nel luogo tetro?”
“Figlio mio, figlio mio, lo vedo bene: i vecchi salici sembrano grigi.”
“Ti amo, il tuo bell’aspetto mi eccita e se non acconsenti, userò la forza!”.
“Padre mio, padre mio, adesso mi afferra! Il re degli Elfi mi ha fatto del male!”
Il padre inorridito, cavalca veloce, tiene tra le braccia il bimbo ansimante, raggiunge la corte con fatica e difficoltà.
Tra le sue braccia il bambino era morto.