Dopo il successo della personale Bende sacre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, conclusasi il 18 maggio 2014, in mostra una selezione di trenta opere inedite eseguite su carta dall’artista Isabella Ducrot, dal 2010 ad oggi.
Scrive Nora Iosia nel testo che accompagna la mostra:
“Questi vasi, teiere e pochi elementi naturali, nel ritmo dell’esercizio, della ripetizione, assumono un carattere sempre più lontano dal significato delle loro presenze: la volontà iniziale di non sfuggire alla loro essenza formale naufraga suo malgrado in una meditazione che riporta il reale all’essenziale di un unico gesto, quasi un ideogramma del presente. […]
Testimoni silenti del giorno si convertono sulla carta in pura forma, lasciando intravedere il gioco della battaglia verso un significato, apparentemente privo di struttura nell’assenza di prospettiva, di linee dell’orizzonte spaziale, di regole. La struttura è nella dinamica della trasformazione, nel passaggio alla rappresentazione, la struttura è il gioco fine a sé stesso che si rinnova nella scelta delle forme, delle proporzioni e dei colori.
Questi oggetti di Isabella Ducrot non sconfinano completamente dal quotidiano, appartengono ad una scenografia di interni; eletti a protagonisti, trascorrono dal presente ad un rinnovato presente, si compiacciono della loro bellezza, perché sottratti alla memoria, come eterni fanciulli: non c’è struggimento né timore in questa rappresentazione che prende le distanze dall’usura della storia, definitivamente.“
Selezione opere
Gallery
Testo critico
Interno giorno
di Nora Iosia
“Interno giorno” un corpo di lavori dal 2010 ad oggi, più che una serie, una sequenza, è un esercizio che trova origine nel desiderio di copiare, imitare l’oggetto come oggetto presente alla visione affermandone l’opportunità di una trasformazione grazie all’inganno del linguaggio che prevede una precipitazione alchemica dall’idea del singolo (questo vaso) all’universale della forma (il vaso).
Traspare e si rivela lo sguardo sul presente, l’umiltà del pensiero che si traduce in armonia del gesto, si dissolve nel punto di equilibrio tra la materia e il colore, convertendosi al piacere (metafisico) del gioco azzardato verso l’universale. La felicità è nella cattura delle forme, nella libertà che solo l’attimo può concedere, perché il passato è rimpianto e sogno e il futuro non è che un astrazione appena narrabile.
Questi vasi, teiere e pochi elementi naturali, nel ritmo dell’esercizio, della ripetizione, assumono un carattere sempre più lontano dal significato delle loro presenze: la volontà iniziale di non sfuggire alla loro essenza formale naufraga suo malgrado in una meditazione che riporta il reale all’essenziale di un unico gesto, quasi un ideogramma del presente. E lo sguardo si perde nella seduzione del colore, che non prevede ombre in queste apparizioni subitanee e l’oggetto
si costituisce alla fantasia […] come ipotiposi che riempie la coscienza, rende la coscienza a se stessa quasi tangibile e certo visibile […]
– Cesare Brandi, “Morandi”, 2008
Testimoni silenti del giorno si convertono sulla carta in pura forma, lasciando intravedere il gioco della battaglia verso un significato, apparentemente privo di struttura nell’assenza di prospettiva, di linee dell’orizzonte spaziale, di regole. La struttura è nella dinamica della trasformazione, nel passaggio alla rappresentazione, la struttura è il gioco fine a sé stesso che si rinnova nella scelta delle forme, delle proporzioni e dei colori.
Questi oggetti di Isabella Ducrot non sconfinano completamente dal quotidiano, appartengono ad una scenografia di interni; eletti a protagonisti, trascorrono dal presente ad un rinnovato presente, si compiacciono della loro bellezza, perché sottratti alla memoria, come eterni fanciulli: non c’è struggimento né timore in questa rappresentazione che prende le distanze dall’usura della storia, definitivamente.