A tredici anni dal suo debutto romano al Palazzo della Civiltà Italiana e dopo il successo della personale londinese (The Naked and the Nude, 2014) e la partecipazione allo Young Masters Prize di Londra (2013), Rodolfo Villaplana torna ad esporre a Roma presentando undici dipinti inediti, di vario formato, che fanno parte del nuovo ciclo di lavori dal titolo Furore.
Il pittore venezuelano, fin dai suoi esordi ha concentrato l’interesse sulla figura e sull’aspetto psicologico delle persone ritratte: “Come un attore che si accinge ad ‘incarnare’ un nuovo personaggio, sospendo il mio ‘io profondo’ per permettere agli altri di raccontarsi attraverso di me. La tela è il luogo dove avviene quell’incontro“.
In questi ultimi lavori (sette autoritratti, due nature morte, un ritratto femminile e una scena di caccia) lo sguardo dell’artista si volge verso l’interno, proprio verso quell’io profondo non più “sospeso” ma vissuto pienamente per svelarne l’intrinseca natura, senza cercare giustificazioni o voler compiacere. Scavando nella sua stessa anima la restituisce, umilmente esposta, allo sguardo dello spettatore: i quadri diventano così una confessione, rendendo Furore il suo lavoro più intimo ed espressivo.
Osserva Limor Gottlieb nel testo critico che accompagna la mostra: “Ricercando una verità del tutto personale, Villaplana riesce ancora una volta a rendere il suo lavoro non solo autentico – che è un aspetto che contraddistingue le sue opere sempre facilmente riconoscibili – ma anche ad attirare il nostro sguardo più in profondità, comunicando emozioni complesse quali la solitudine, la morte e la metamorfosi. Villaplana ci conduce nel suo personale viaggio, che potenzialmente è anche il nostro. […] C’è una solitudine nella sua pittura, una coraggiosa solitudine, che l’artista abbraccia senza alcun timore nell’affrontare il Sé, la sua, la nostra singolarità“.
Il “furore” di Villaplana va oltre la rabbia; è un’eccitazione mentale, uno stato d’animo creativo, un estro poetico che ha nella sua tecnica artistica un’intelligenza seducente. È dolore e allo stesso tempo la sua luce, la sua libertà.
Selezione opere
Gallery
Testo critico
Furore
di Limor Gottlieb
Il pittore venezuelano Rodolfo Villaplana colpisce per la sua fascinazione per il corpo umano; lo studia a fondo, sia come forma oggettiva che come espressione di una dimensione psicologica.
Nelle opere antecendenti a quelle in mostra qui, Villaplana poggiava lo sguardo su modelli e oggetti, ricreandone la forma. In questa collezione, invece, sembra aver scelto di volgere quello sguardo internamente, scavando nella sua stessa anima per restituirla, umilmente esposta, allo sguardo dello spettatore. I quadri diventano così una confessione, rendendo Furore la sua collezione più intima, espressiva e personale.
Letteralmente, la parola “furore” significa una “violenta emozione e sconvolgimento dell’animo causati da fortissima rabbia o da altra passione”. L’interpretazione che ne danno le opere del Villaplana, però, sembra rompere con la definizione da dizionario e trascendere l’idea della furia. Il suo furore è inteso come un intenso fuoco intellettuale, una fucina creativa, una predisposizione a mettersi in gioco e a creare.
In questa recentissima collezione, Villaplana vuole condividere un punto di vista, uno stato emotivo, senza bisogno di cercare giustificazioni o punti di riferimento. Qui, si è concesso di dipingere per passione, senza sforzarsi di piacere.
“Questi quadri sono molto personali, intimi per me. In un certo senso, sono un modo per urlare fuck off a tutto e tutti.” (Rodolfo Villaplana)
Andando a cercare una verità del tutto personale, Villaplana riesce a rendere le sue opere autentiche e approcciabili, ma anche, e questo è il tratto distintivo di questa collezione, a trasformarle in una sfida per chi guarda. Invita il nostro sguardo a seguire il suo e a scavare in profondità, portandoci a contemplare la solitudine, i cuori infranti, la morte e la metamorfosi. Villaplana dipinge con l’anima. Ci accompagna e ci spinge in questo suo viaggio che lentamente si fa nostro e che ci porta ad affrontare e a mettere in discussione ogni concezione di Sé.
Una tappa fondamentale di questo viaggio alla ricerca del Sé, è l’enorme autoritratto stagliato contro una parete carminia. La figura ci mostra il paradosso di un’anima desiderosa di raggiungere l’impossibile. Qui troviamo una bellezza incontenibile che si mescola con la paura di accettare la realtà. L’immagine si libera della nostalgia e delle costrizioni di un ottimismo forzato, e così la bellezza sembra liberarsi anch’essa, trovando l’infinito proprio nella distruzione del soggetto.
Il ritratto diventa immagine di innocenza e nel contempo di solitudine. Ed è proprio la solitudine a diventare centrale in questa collezione. In queste opere, la solitudine è un invito a un cammino di ricerca all’interno di noi stessi. È una solitudine coraggiosa, cercata e accettata, nella quale l’artista può specchiarsi senza timori. E in questo gioco di immagini riflesse, Villaplana ci mostra la nostra follia, quella singolarità che è al cuore dell’essere e che il dipinto ci restituisce attraverso la sua trasparenza. L’autoritratto del Villaplana è il ritratto di un uomo che si ribella.
In Furore, Villaplana ha osato sperimentare con materiali diversi, dando ai dipinti un aspetto più corposo. Ha anche collaborato con un artista che crea sculture floreali, che ha creato per lui una composizione con fiori colti nella casa toscana di Villaplana. L’idea per la composizione floreale è comparsa a Villaplana in sogno; l’immagine offerta dall’inconscio era carica della malinconia che ora ritroviamo sulla tela. I fiori sembrano suggerire una metamorfosi di anima e pensiero. Il movimento quasi violento della natura morta ci mostra il soffio di un vento indomabile, che attraversa i fiori con impeto vitale. L’immagine che ne esce è quindi sofferta, torturata, paragonabile a un martirio.
Furore è la collezione più cupa di Villaplana. Nel contempo, però, narra un cammino di rinascita, di ridefinizione e di redenzione.
Da un punto di vista filosofico, Villaplana trova le sue radici nell’opera di Albèrt Camus; ciononostante, la sua tecnica si carica di un’intelligenza seduttiva che sembra far dimenticare l’intenzione dell’artista a chi guarda. Se Camus ci svela la sua filosofia, Villaplana la sottintende soltanto.
Solo l’arte può farci emergere da noi stessi e farci guardare attraverso gli occhi di un altro.
– Marcel Proust
Il naturale impulso alla ribellione ci spinge a trovare i valori da cui possono nascere la speranza e l’impulso creativo.
Nelle parole di Rilke (altra importante influenza sull’opera di Villaplana), “L’artista vive e dipinge nel fuoco“. L’esperienza artistica viaggia dunque limitrofa all’esperienza sessuale sia nei suoi dolori che nei suoi piaceri; i due slanci diventano quindi espressione diversa della stessa brama e dello stesso sollazzo. Entrambe si liberano dal senso del peccato e da qualsiasi vergogna.
La forza poetica dei dipinti di Villaplana è vulcanica e indomita.
Tutti portiamo in noi il nostro ergastolo, i nostri delitti e le nostre devastazioni. Ma il nostro compito non è quello di scatenarli attraverso il mondo; sta nel combatterli in noi e negli altri.
– Albèrt Camus
Nella visione di Villaplana bisogna abbandonarsi all’assurdo, bisogna arrivare a conoscere le radici del pensiero e del mondo, lottando l’uno a fianco all’altro, e senza sfuggire a un potenziale abbraccio.
Per Villaplana, l’oscurità, il furore, il dolore che vediamo riflesso nelle immagini dipinte, è fonte di luce, di libertà, è eco della sua stessa anima.
(Traduzione di Livia Sacchetti)