Maja Arte Contemporanea è lieta di presentare per la prima volta in Italia il lavoro della pittrice iraniana Leila Vismeh (Arak, 1979).
I dieci dipinti in mostra – di medio e grande formato – fanno parte del ciclo The Hunting (La caccia) che l’artista inizia a dipingere nel 2015 e che espone nello stesso anno, con grande successo, alla galleria Etemad di Teheran.
Il lavoro si ispira alla favola di James Thurber The Rabbits who caused all the Trouble (1939). Protagonisti del racconto di Thurber sono gli animali, in particolare i lupi e i conigli, che vengono accusati dai primi di essere la causa di tutti i mali della terra. Lo scrittore americano allude metaforicamente agli eventi della Seconda Guerra Mondiale, rappresentando con i conigli gli Ebrei e le altre minoranze perseguitate dai nazisti/lupi nell’indifferenza degli altri animali (“le altre nazioni”), spettatori muti degli eventi che condussero alla tragedia dell’Olocausto.
Nelle sue tele, Leila Vismeh sostituisce la figura del lupo con quella del gallo da combattimento, che nell’antica Persia incarna il principio maschile, la virilità e l’aggressività del combattente.
L’allegorico racconto di Thurber viene trasposto dall’artista alla situazione politica della sua terra. Partendo dagli accadimenti del suo paese, l’Iran, Leila Vismeh evoca diversi periodi storici in cui il popolo ha dovuto accettare guerre, bombardamenti, le donne hanno dovuto togliere il velo per poi rimetterlo obbligatoriamente dopo la rivoluzione del 1979.
Scrive Helia Hamedani nel testo critico che accompagna la mostra: “La storia metaforica scelta dalla pittrice iraniana rispecchia con ironia l’eterno contrasto tra il potere, i diversi e il popolo. […] Lo scontro concettuale tra i protagonisti viene accompagnato con la scelta tecnica e cromatica; il più delle volte bianco, nero e rosso. Gli animali sono raffigurati in modo fortemente espressivo, colorato, a tratti drammatico. Le figure umane invece, frequentemente rappresentate in bianco e nero, indicano gli episodi storici del conflitto. Sono prive del movimento, come congelate in una messa in posa fotografica.“
Selezione opere
Gallery
Testo critico
"La Caccia" di Leila Vismeh
di Helia Hamedani
Quando i nazisti presero i comunisti,
io non dissi nulla
perché non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici
io non dissi nulla
perché non ero socialdemocratico.
Quando presero i sindacalisti,
io non dissi nulla
perché non ero sindacalista.
Poi presero gli ebrei,
e io non dissi nulla
perché non ero ebreo.
Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.
– Martin Niemöller
C’era una volta una superfice bianca. Uno spazio piano che per la nostra pittrice diventa il campo delle possibilità multi strato dell’immaginario. Poi arrivano improvvise le forze visibili delle pennellate, i colori, le ombre e le figure, come fossero le parole narrate di un racconto allegorico.
“La Caccia” di Leila Vismeh si ispira ad una favola di James Thurber: The Rabbits who caused all the Trouble (1939); una lotta asimmetrica tra i lupi e i conigli. I lupi credono che il loro stile di vita sia l’unico giusto e incriminano continuamente i conigli per i disastri della terra. Come in caso di terremoto, poiché “è ben noto che i conigli con le zampe posteriori battono a terra e causano i terremoti“, come nel caso del fulmine, poiché “è ben noto che i mangiatori di lattuga causano il fulmine“.
I lupi annunciano l’intenzione “di civilizzare” i conigli se non smettono di creare disastri naturali. Per questo i conigli decidono di fuggire su un’isola. Ma gli altri animali, che vivono fuori dal pericolo, convincono i conigli a rimanere poiché “Questo mondo non è per chi scappa“.
Dopo un diluvio, siccome è risaputo che i “roditori mangia carote con le orecchie lunghe causano i diluvi“, i conigli vengono imprigionati, chiaramente “per il loro bene“. Alcune settimane dopo gli altri animali notano l’assenza dei conigli e chiedono ai lupi. I lupi rispondono che i conigli si erano mangiati l’un con l’altro e pertanto era “una questione puramente interna…“.
La storia metaforica scelta dalla pittrice iraniana rispecchia con ironia l’eterno contrasto tra il potere, i diversi e il popolo. Leila Vismeh sostituisce nelle sue tele il lupo con il gallo da combattimento, la bestia che rappresenta per antonomasia l’aggressività nella cultura dell’antica Persia. I conigli invece, sono animali sociali e giocosi, più propensi alla fuga che al combattimento. Qui, nelle opere, assurgono a rivali/sudditi dei galli battaglieri che li uccidono, anche solo per divertirsi in un intrattenimento sanguinario.
Lo scontro concettuale tra i protagonisti viene accompagnato con la scelta tecnica e cromatica; il più delle volte bianco, nero e rosso. Gli animali sono raffigurati in modo fortemente espressivo, colorato, a tratti drammatico. Le figure umane invece, frequentemente rappresentate in bianco e nero, indicano gli episodi storici del conflitto. Sono prive del movimento, come congelate in una messa in posa fotografica. La profondità crea la successione degli eventi ma non si manifesta tramite un piano prospettico, il passaggio temporale viene piuttosto realizzato nelle forze di contraddizione tra i vari piani.
Oltre al contrasto concettuale tra i soggetti, l’intensità pittorica è presente nella superfice dei quadri che sembrano un bianco sporco. Il fondo della tela per Vismeh è lo spazio personale ed intimo dove scarica tutti i suoi impulsi grezzi, le emozioni spontanee. Intorno alle figure lascia linee gestuali che alla fine vengono celate dalle spatolate bianche, ma qualcosa rimane di sensibile. Il movimento è percepibile sotto i piani invisibili del colore bianco. Così “rende visibile“¹ la traccia, il percorso, la memoria dei gesti che man mano danno vita al quadro.
La pittrice parte dagli accadimenti del suo paese e mentre parliamo cita i momenti nei quali il popolo aveva dovuto accettare guerre, bombardamenti, quando le donne avevano dovuto togliere il velo (periodo di Reza Shah Phalaveli) e rimetterlo obbligatoriamente dopo (rivoluzione del 1979).
La breve storia di Thurber e dei suoi conigli allude agli eventi della seconda guerra mondiale e sopratutto alla tragedia dell’olocausto. Pertanto l’artista, oltre a trasporla nella situazione politica della sua terra, rappresenta, in allegoria, una testimonianza per tutti gli oppressi della storia.
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¹ “L’arte non deve rappresentare il visibile, ma rendere visibile l’invisibile” (Paul Klee).