Dopo la partecipazione al progetto “Miscellanea. L’esercizio dell’Arte” (maggio 2019), Peter Flaccus torna ad esporre negli spazi della galleria Maja Arte Contemporanea con una selezione di opere eseguite con l’antica tecnica dell’encausto.
“The Flat Earth” (il titolo è quello di un’opera esposta) completa la “Trilogia dei colori” di kieslowskiana memoria: un ciclo di mostre iniziato nel settembre 2021 con la personale di Ria Lussi “Chi ha paura del Rosa?“, seguita – in novembre – da “Il Tempio” dell’artista francese Pierre-Yves Le Duc, dove protagonista, questa volta, era il blu Klein.
Per la terza e conclusiva mostra del ciclo, la Galleria ha selezionato – all’interno del vasto universo cromatico che incontriamo nel lavoro di Flaccus – i neri e i blu profondi, ma anche gli ori e i tenui gialli a fare da contrappunto luminoso, mettendo in dialogo e confronto opere eseguite dal 2000 ad oggi.
Originario del Montana (USA), Flaccus si trasferisce a Roma da New York all’inizio degli anni Novanta, e da allora sceglie la cera come materia elettiva, recuperando una tradizione antichissima: l’encausto.
Puramente pittorica, quella di Flaccus è una iconografia visionaria di forme ritmiche sovrapposte, costruita per strati di rilievi multipli. Nel suo mondo convivono misura e tensione, rigore della geometria e dinamismo del colore come materia pulsante che magicamente dà vita alla forma.
Nelle opere in mostra, incontriamo la terra, la luna, i pianeti e le stelle in spazi interdipendenti come pale d’altare medioevali; altrove, la preponderanza di forme geometriche, cerchi, ellissi, archi, curve, parabole, invitano a intrattenere un coinvolgimento con purezze matematiche; sembrano suggerire modi per attraversare lo spazio, senza però indicarne la destinazione.
Flaccus ci consegna una lanterna con cui esplorare il cosmo, e sembra suggerire: “Se vai sempre dritto, non puoi andare molto lontano.”