Maja Arte Contemporanea è lieta di annunciare la prima collaborazione della galleria con l’artista Silvia Codignola.
Ognuno di noi porta con sé, nell’età adulta, la memoria di un luogo della propria infanzia, spesso legato al periodo delle vacanze: una casa dove ritrovare gli oggetti così come si erano lasciati l’anno prima; il profilo di un paesaggio caparbiamente immutato che sembra attendere il nostro stagionale ritorno. Luoghi che finiscono con l’abitarci dentro.
Il poeta Andrea Zanzotto ne “Il paesaggio come eros della terra”, osserva: “[…] la scoperta del fascino di paesaggi primi […] si verifica molto spesso in una luce di amore primordiale, infantile, con ricorrenti segni di linguaggio petèl.” (“Luoghi e paesaggi”, Bompiani, Milano 2013).
A quei “paesaggi primi” sembrano condurci, silenziosamente, le opere di Silvia Codignola selezionate in occasione di questa mostra (dipinti, acquerelli, sculture). “Come viandanti che camminano nell’ombra, entriamo così nello spazio sospeso di un’estate metaforica, bagnanti sulle rocce assolate di una stagione insieme presente e distante, mentre l’amaca non smette di oscillare come un metronomo che scandisce un ritmo incessante e profondo sospeso tra la memoria e l’oblio.“, osserva Lorenzo Canova nel testo che accompagna il catalogo della mostra.
Come scrive Vittorio Lingiardi: “Paesaggio non è solo la veduta naturale su cui posiamo lo sguardo. Non è solo il territorio che fa da fondale alla nostra esperienza e ospita la nostra storia. Il paesaggio è un luogo immaginato e ritrovato. L’idea di paesaggio che emerge con imperturbabile evidenza dai quadri di Silvia Codignola è sorella del concetto di mindscape, un neologismo che fa del paesaggio un luogo psichico. Non il belvedere, le colline toscane, il golfo del Tigullio: i mindscapes sono luoghi sospesi tra mondo interno e mondo esterno. Sono i luoghi della nostra soggettività: abitano la memoria e lo sguardo, esprimono la nostra connessione con la storia familiare e collettiva, fondano la nostra dimensione estetica. Se landscape è il paesaggio come scena naturale, mindscape è il paesaggio come scena psichica: lo guardiamo perché ci ri-guarda.” (“Paesaggio primo di Silvia Codignola”, in Snaporaz, rivista digitale).
Selezione opere
Gallery
Testo critico
Le memorie della casa
di Lorenzo Canova
Silvia Codignola conserva frammenti preziosi di memoria celati tra le mura di una casa estiva, spazio di una vita sospesa e rallentata nel dialogo con la natura e nel confronto con un mare che allude alla dimensione di un tempo differente.
In questo ciclo di opere Codignola ci fa scoprire dunque l’eterno ritorno nelle stanze di quella che chiama la sua “casa-metronomo”, un luogo immerso nel passaggio ciclico delle stagioni che conduce lo sguardo e il pensiero attraverso le metamorfosi e i meandri del proprio essere.
Questo percorso, non a caso, è legato a quella speciale visione metafisica che caratterizza l’opera della pittrice e che si evidenziava già bene nei quadri in cui dipingeva città svuotate e dominate dai tagli obliqui delle ombre o la solitudine di interni con i loro rarefatti oggetti poetici.
Codignola basa infatti la sua pittura su una misura costruttiva legata alla sua formazione architettonica, in un’espansione plastica che trova un approdo tridimensionale nella scultura dove i corpi sono inseriti nelle cubature di una scatola affine al «palco limitato e chiuso» evocato in un testo di Giorgio de Chirico, dove «le immagini serrate dalle linee delle costruzioni sorgono con maggiore profondità e con più sorprendente lirismo».
La qualità delle opere di Codignola è, peraltro, fondata su un rigoroso processo progettuale, sui disegni che portano ai suoi grandi dipinti, in uno sviluppo che ci permette di apprezzare le sue qualità grafiche e la raffinatezza degli acquerelli attraverso i quali può calibrare la misura definitiva del suo impianto pittorico, in un armonico travaso tra il nitore dell’esattezza e la fluidità della leggerezza.
Tutti questi tasselli danno pertanto forma a quel senso di mistero che si respira nei quadri, tele dove, come scrive la stessa pittrice «lo sguardo torna ciclicamente a fissarsi sugli stessi luoghi, ancoraggi nel mondo, soglie di identificazione, punti d’osservazione sul tempo».
Il senso di enigma che pervade le opere di Codignola è difatti amplificato dalla sua capacità di infondere ai corpi quella vibrazione che non è soltanto atmosferica, ma che si trasforma in una sorta di “sfumato” innestato proprio nella polvere del tempo, nel pulviscolo della memoria che ci lega ai giorni perduti, come una nube di vapore in cui ci si disperde nel flusso del divenire. La stessa artista ci fornisce le coordinate di questo viaggio, in bilico tra gli ancoraggi nel mondo, le osservazioni sul tempo e il confine dell’eternità che ci si spalanca come l’orizzonte del mare davanti a “Gli scogli” del 2019-20.
Il silenzio della lettura e del riposo si dipanano quindi come un filo e arrivano fino al giardino segreto dove è sospesa l’amaca, un oggetto povero che però appare come un simbolo dell’incrocio tra il territorio profondo del sonno e dell’inconscio e le fluttuazioni del tempo e della vita, in una visione che si avvicina alla radice archetipica della pittura.
La stesura cromatica ha così il potere di incidere le forme nella luce, di restituire il respiro monumentale di una natura che ci sovrasta nel sentimento sublime di un meriggio panico in cui tutto sembra immobilizzato nell’istante che si apre verso l’infinito.
Come viandanti che camminano nell’ombra, entriamo così nello spazio sospeso di un’estate metaforica, bagnanti sulle rocce assolate di una stagione insieme presente e distante, mentre l’amaca non smette di oscillare come un metronomo che scandisce un ritmo incessante e profondo sospeso tra la memoria e l’oblio.