Maja Arte Contemporanea è lieta di ospitare la mostra “Magigonie” dell’artista francese Pierre-Yves Le Duc, giunto alla sua terza personale in galleria.
La mise en scène conduce il visitatore in un viaggio che ha il sapore del Grand Tour attraverso 22 città italiane (Amalfi, Assisi, Bergamo, Capri, Ercolano, Firenze, Genova, Milano, Monreale, Napoli, Orvieto, Padova, Palermo, Pisa, Pompei, Portofino, Roma, Siena, Siracusa, Sorrento, Venezia, Verona), con l’unica eccezione di Parigi e Cannes, a cui l’artista deve rispettivamente la propria formazione culturale e la genesi del ciclo di opere in mostra.
“Magigonie” – un neologismo introdotto da Le Duc – è il frutto involontario di una precedente ricerca (“Apparato”, 2013-2016), in cui l’artista volle indagare il processo evolutivo dell’atto creativo, reiterando lo stesso disegno a china ovvero lo stesso soggetto nell’arco di tre anni, con metodo e parametri scientifici predefiniti. Furono così prodotti 12.000 disegni e circa 2.000 fogli di scarto, mai distrutti, piuttosto messi in latenza.
A proposito dell’origine del progetto Pierre-Yves Le Duc racconta: “Nel 2014 ho cominciato a creare i primi collage di ‘Magigonie‘ accostando cartoline souvenir in bianco e nero – degli anni ’30, ’40, ’50 – a frammenti di segni d’inchiostro scelti con cura dagli scarti di ‘Apparato’, cercando corrispondenze poetiche, narrative, grafiche; immaginando mondi al di fuori dell’inquadratura della foto. Così prende vita un corpo di opere che vuole andare oltre la realtà visibile; non per indagare la magia dell’arte, ma l’arte della magia artistica, una pratica che si evolve nel fare e scopre se stessa nella sperimentazione. Questa ricerca svela il carattere astratto nell’illusione fotografica, la frontiera labile tra reale e irreale, e non solo: l’esercizio di guardare ‘fuori quadro’ dà accesso al subconscio svelandolo, mettendo in luce processo e contenuti visionari, acuendo la capacità naturale di andare oltre l’evidenza data dall’immagine.”
Osserva Alfredo De Dominicis: “(…) Le Duc fa specchiare l’ordine con il caos, il noto con l’ignoto. Si susseguono, in modo ripetitivo, due mondi, due visioni. Da una parte il Mondo che conosciamo, una serie di cartoline che riproducono luoghi tra i più iconici e conosciuti al mondo, dall’altro un Mondo primordiale; o forse, al contrario, un Mondo futuro, post-umano. Oppure a specchiarsi in una ripetizione che appare quasi infinita, ciclica – tema questo dell’eterno ritorno e della riproducibilità, molto caro all’artista – è lo stesso identico Mondo, una volta mascherato una volta no, nudo e crudo, ‘atomizzato’. E allora ci si chiede: quale dei due è poi quello vero?”