
Maja Arte Contemporanea è lieta di presentare un ciclo di tre mostre a cura di Giovanna Dalla Chiesa, che mette a confronto il lavoro di tre artiste alla loro prima collaborazione con la Galleria: Alice Schivardi, Luciana Pretta e Luisa Lanarca.
Alice Schivardi > 19 febbraio – 8 marzo
Luciana Pretta > 12 – 29 marzo
Luisa Lanarca > 2 – 19 aprile
Come osserva Giovanna Dalla Chiesa:
“L’arte della pittura, nella sua ricchezza, ci ha abituato a una tale sovrapposizione di elementi da nascondere la funzione di ciascuno di essi a profitto della rete di significati che ne sostiene globalmente l’insieme. In questa mostra, che sembra fatta apposta per sottolineare i contorni di una costellazione femminile, a ciascuna delle tre artiste è affidato il ruolo di sostenere integralmente la funzione di uno di essi sullo sfondo di un sottile rinvio alla pittura: ad Alice Schivardi il potere del filo che nei suoi ‘disegni a ricamo’ prende il posto della matita o della penna per tracciare figure che si librano nell’aria grazie ai supporti trasparenti marcando la dimensione aerea e infinita dello spazio, quanto la sua concentrazione in piccoli dettagli; a Luciana Pretta lo scorrere delle emozioni nelle distese di colore che scivolano come una coltre liquida da cima a fondo, da cielo a terra, simulando la tettonica di un ambiente morbido e accogliente capace di avvolgere il nostro spazio come fanno gli arazzi; a Luisa Lanarca il compito d’intrecciare filo, colore, luce, chiamando in causa la parola poetica attraverso l’arte della tessitura, sino a trasformarla in un’invocazione, trascritta secondo i canoni delle insegne e delle affiches di fine Ottocento.
Il ‘quando’ del titolo, vuole indicare non una modalità generale del filo, del colore e della parola, ma il frangente specifico e l’evento particolare in cui le cose avverranno non solo per le artiste, ma per i visitatori che vedranno e saranno chiamati a interpretare le tre differenti personali di due settimane ciascuna, intrecciandone i fili, per farne emergere le variabili in un sostrato comune.”
Selezione opere
Gallery








Testo critico
Alice Schivardi
di Giovanna Dalla Chiesa
Con il filo dei suoi “disegni a ricamo”, su carta trasparente, Alice Schivardi non ha soltanto raccontato storie che portano in primo piano l’intimità e l’assorta concentrazione del mondo femminile, ma ha gettato un ponte tra gli aspetti della rappresentazione artistica che tradizionalmente si astrae dalla realtà e quelli della vita. Di questa fanno parte, non solo figure eticamente o spiritualmente esemplari come il partigiano Mario Fiorentini o Santa Rita da Cascia – protagonisti di alcune spettacolari performance -, ma l’intero creato, fatto di insetti meravigliosi e sociali come le api, o di altri – cui si deve comunque rispetto, sino a dar loro sepoltura – del regno animale di cani e uccelli, con cui l’artista riesce a fondersi sino a una completa immedesimazione e di quello di tutte le differenze etniche, di genere o genetiche, come nel caso del suo recente lavoro con i non vedenti. Il filo di Alice Schivardi è quindi il filo del pensiero che in modo immateriale, ma persistente, raccontando storie severe o soavi, su superfici trasparenti che lo fanno librare nell’aria, attraversa i confini per porsi ogni volta in relazione, e trasformare all’occorrenza la storia, riunificando ciò che il pregiudizio umano ha separato. Questo filo sapiente, e sapienziale, esteticamente incantevole, si rivolge agli aspetti antropologici come a quelli politici, sociali o religiosi, su cui deve fondarsi la consapevolezza della nostra umanità, e da cui dipendono la possibilità e la necessità di un’armonica convivenza e sopravvivenza.
Luciana Pretta
di Giovanna Dalla Chiesa
Luciana Pretta è nata pittrice. La pittura è il linguaggio silenzioso in cui la sua sensibilità ha preso naturalmente forma, curvando maternamente intorno agli ostacoli, trovando rifugio nella ricchezza delle emozioni e del sogno.
La sua pittura non presenta alcuna distinzione tra linea e colore, tra il disegno (raziocinio) e il colore (sentimento). Il Brasile da cui proviene – benché le sue origini siano italiane – con l’enorme estensione, i suoi colori, l’ignoranza di passioni e conflitti come quelli che nutrono la tragedia greca, l’assenza di ogni regola prospettica, è il regno delle relazioni spontanee, di una cultura che non privilegia la rappresentazione, ma il canto, la musica e la danza; di rituali e di comportamenti che nascono in continuità e in simbiosi con il corpo della natura (e dell’essere umano) e che ne onorano aspetti e sostanza. L’Europa ha messo più di un secolo per liberarsi dalla scissione che ha afflitto così a lungo la sua cultura e per abbattere un ego cartesiano pronto a erigere barriere a ogni occasione.
Negli ultimi anni, il lavoro di Luciana Pretta è passato dai piccoli e medi formati abituali su tela, da un ingegnoso riuso di carta, cartone e oggetti minuti, alle grandi dimensioni che esaltano la qualità di una pittura paesaggio – paesaggio che è sempre protagonista nelle sue opere -, che si fa corpo, fiume, montagna per accogliere il visitatore nelle sinuosità della sua tettonica, pronta a farlo sentire a suo agio, come ci si sente sotto la volta del cielo, la chioma di un albero, la cavità di una roccia.
La memoria dei panorami anfrattuosi del suo paese è sempre più presente, oggi, in una forma di trasformazione attiva, che ama servirsi di materiali organici e naturali, come pigmenti derivati da minerali e piante, oli essenziali e cotone grezzo. Una scelta che non ha a che fare solo con l’estetica, ma con l’etica del rispetto della sostenibilità ecologica, della responsabilità ambientale, dell’attenzione che si deve a tutta la creazione di cui l’uomo è solo un’infima parte.
Luisa Lanarca
di Giovanna Dalla Chiesa
Tessere appartiene alla capacità più articolata del pensiero dell’uomo, al suo destino che non è di separazione, ma di integrazione fra le parti che la natura ha previsto doppie per lui – braccia, gambe, occhi, narici, orecchie e soprattutto i due emisferi cerebrali – per stabilire quella relazione da cui dovrà scaturire una nuova creatura, un’opera che a mano a mano disegnerà anche il suo destino.
Luisa Lanarca non è di quelli che arrivano oggi alla tessitura, ma al contrario che dalla tessitura è partita subito e con maestri importanti, come Laura Marcucci Cambellotti e il suo Laboratorio Tessile. Ciò che rende piuttosto eccezionale il suo percorso è l’uso speculativo sul piano psicologico che ne ha fatto, grazie agli approfondimenti di Percezione Visiva e di Gestalt, appresi alla Scuola di Luigi Veronesi a Milano.
Diversamente da altri, la tessitura ha permesso a Luisa Lanarca, nel suo specifico percorso, quella conoscenza del sé che coincide con la messa a fuoco della propria identità e, nello stesso tempo, un approdo al linguaggio che trova nella poesia, la sua liberazione, emozione e pienezza. L’intreccio fra ragione e sentimento, fra eros e psiche, non può trovare il proprio esito, secondo l’artista, che in una sintesi di quella laboriosità che assomiglia a una silenziosa preghiera, con una luce che attraversa ogni confine, come la parola poetica, e in particolare, come quella di Emily Dickinson, capace di dar voce al suo silenzio.